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La questione migrante riguarda da vicino tutti noi. Non solo e non tanto perché ci interpella quotidianamente nelle piazze, nei luoghi di lavoro, nelle scuole delle nostre città. Non solo perché diventa sempre più urgente capire cosa accade sulle altre sponde del Mediterraneo, ma anche perché i migranti sono ormai lo specchio di un passaggio collettivo, di una sfida in cui il riconoscimento e la difesa delle differenze si mescolano sempre più con la consapevolezza di una comune appartenenza all'umano. La questione è di una certa urgenza: il sistema economico e quello commerciale fungono da livellatori delle aspirazioni e delle narrazioni radicate nella tradizione. Tuttavia in questa parziale ma corrosiva dissoluzione delle culture, nella loro tendenziale riduzione a "nuda vita" qualcosa resta. In queste tracce le narrazioni riscoprono la capacità di attingere alla dimensione immaginale della vita. Ne troviamo il sapore nelle fiabe, nelle letterature creole, nel misticismo, nella critica post-coloniale, nel femminismo, nella teologia della liberazione, nel dialogo interculturale e inter-religioso, nella spiritualità capace di farsi mondo. Queste tracce spesso "invisibili", ciò che a ognuno resta e ciò che ognuno riscopre del mondo, sono un tesoro nascosto a cui ognuno può attingere, se ritroviamo il modo di condividere e di raccontare. La sfida delle nostre pratiche è questa: credere che lo "svantaggio" della nuda vita possa ricreare il mondo a partire da ciò che resta del mondo.